Bolzano-Torbole e (quasi) ritorno!
Cosa avevano di speciale le pedalate del trofeo Bonatti? Beh, rileggendo le cronache dei bei tempi andati, quando il DS Carlo ci coccolava e curava ogni dettaglio, mi viene da dire che c’era una buona dose di coraggio, un po’ di sana competizione, ma anche solidarietà e buon senso, aspetti questi ultimi che hanno sempre fatto andare le cose nel verso giusto nonostante le disavventure che puntualmente capitavano
Ecco, nella pedalata che voglio raccontare tutte queste caratteristiche si sono ritrovate dando vita a una giornata che ricorderemo a lungo e che il nostro caro DS avrebbe senza dubbio apprezzato…
L’idea della Bolzano-Torbole e ritorno (210 km) era nata durante il lockdown del 2020, ma per vari motivi non si era ancora riusciti a realizzarla… fino al 5 giugno 2021, quando quattro baldi giovanotti si sono trovati di buon mattino all’imbocco della ciclabile per Trento con la ferma intenzione di portarla a termine!
La cronaca della giornata inizia alle 8:30. Assieme al sottoscritto c’è Andrea, che vanta un’esperienza rullistica (chiamiamola così..) di prim’ordine, riconosciuta (senza scherzi!) a livello nazionale. C’è Vlady, che ha così pochi km stagionali da far dubitare della sua tenuta (saremo clamorosamente smentiti). E poi c’è Remo, che in pochissimi anni è passato dal fare i solchi sulla ciclabile pianeggiante tra Bolzano e Merano a lunghi itinerari con salite anche impegnative. Ognuno con caratteristiche diverse, ma con un solo obbiettivo: divertirsi e raggiungere l’ambito “duecentone” da sfoggiare con orgoglio su Strava.
L’intenzione è di partire con prudenza, mantenendo una velocità di crociera che non ci affatichi. Ma come spesso accade in bici, una cosa sono i buoni propositi e un’altra la voglia di pedalare. L’invito ad aumentare l’andatura viene da due ciclisti che ci superano… massì, ci diciamo, mettiamoci a ruota e vediamo che succede! Ci troviamo così a viaggiare per lunghi tratti ben sopra la soglia psicologica dei 30/h, tanto che all’altezza di San Michele all’Adige, dopo una quarantina di km, l’anticipo sulla tabella di marcia è già consistente. Una telefonata della (mia) mammina ci fa perdere le due locomotive, ma va bene così, forse è meglio procedere con un po’ più di calma!
Fino a qui, usando un gergo giornalistico, nulla di eclatante da segnalare… a parte una certa intraprendenza di Vlady, che più di una volta allunga e poi si ferma a scattarci qualche foto. Che vorrà dire? Per ora non è dato saperlo.
Come spesso accade quando si percorrono lunghi tragitti, il nostro trenino guadagna carrozze chilometro dopo chilometro… in vista di Rovereto siamo un bel gruppo, ci sono anche due maglie arancioni (olandesi?) che curiosamente perderemo e ritroveremo più volte lungo il percorso.
A Rovereto, ancora freschi e pimpanti, mi metto alla guida del gruppo vantando una certa conoscenza della zona. Eh già, perché il bici+treno mi porta spesso da queste parti, e più volte nei giorni precedenti ho insistito perché parte del ritorno avvenisse su uno dei regionali di Trenitalia. Ci speravo un po’ per timore della lunga distanza, un po’ perché mi piaceva l’idea di far conoscere ai miei compagni questo straordinario modo di viaggiare. A sorpresa scoprirò poi che la mia era un’ottima idea… ma non anticipiamo i tempi
Il passo San Giovanni è l’asperità di giornata, ma nemmeno quella è in grado di creare grandi problemi, nonostante il solleone e un po’ di vento che soffia in senso contrario. Senza patemi siamo a Torbole, meta (e metà…) del nostro viaggio. Complimenti a tutti!
Non ci si può certo rimettere in sella a stomaco vuoto, così decidiamo di pranzare dopo aver risalito la vecchia strada di Nago, che presenta pendenze notevoli e che conviene metterci subito alle spalle. Nonostante i proclami dei giorni precedenti, niente bistecche o costolette varie, solo un bel piatto di spaghetti… l’imperativo è stare leggeri.
Un dettaglio che peserà sul resto della giornata: quando io, Vlady e lo zio Remo abbiamo terminato di mangiare da un po’, Andrea è ancora a metà: avremmo fatto meglio a considerare con più attenzione la cosa!
Insomma, ripartiamo costringendo involontariamente il malcapitato Andrea ad ingurgitare gli ultimi bocconi alla bell’e meglio e ad affrontare il “dente” di passo San Giovanni senza il ruttino di fine pasto. Intanto inizia a far caldo, anche troppo. Faccio il finto tonto, mi metto davanti e a Mori taglio per il paese, risparmiando un paio di km… chissà se i miei compagni se ne sono accorti :-D
Siamo in vista di Rovereto quando Vlady considera l’idea di rientrare in treno per salvarsi dal… mattarello della moglie, ma le rassicurazioni del sottoscritto sul vento a favore lo convincono a proseguire con noi.
Usciti dalla “città della quercia” è proprio lui ad allungare, sembra una fuga in piena regola! In breve lo perdiamo di vista, ma contiamo sul fatto che più avanti lo ritroveremo fermo, a scattarci qualche altra foto.
Passa qualche altro chilometro ed ecco il colpo di scena. Per Andrea arriva la classica “bambola”, quella crisi che tutti abbiamo vissuto almeno una volta e che ai “pro” può costare un Giro o un Tour. Il nostro amico è paonazzo, ha bisogno di sedersi un attimo, prova a risalire in sella… niente, quando la bambola arriva c’è poco da fare. Facciamo una sosta al bel bicigrill alle porte di Trento, ripartiamo ad andatura moderata, rallentiamo, ci fermiamo… non va proprio.
Si va avanti a pezzetti, non si sa bene cosa fare, l’idea del treno torna alla ribalta ma a Trento tiriamo dritto. Personalmente in quel momento mi è mancata molto la presenza del DS, nonché papà! Sono sicuro che avrebbe fermato Andrea con il suo tono affettuoso ma autorevole e avrebbe caricato la sua bici in ammiraglia, senza se e senza ma
A noi invece è servito un gran lavoro di persuasione per convincerlo che no, non aveva senso proseguire così, che a volte bisogna scendere a patti con il proprio orgoglio. Ogni km diventava sempre più duro (ne mancavano ancora poco meno di quaranta!) e il cielo si stava rapidamente annuvolando.
E poi, diciamocelo, poteva bastare così. 175 km non sono cosa da poco. Per me (e non solo) erano già un record. Il tanto invocato rientro in treno, nel quale a dire la verità speravo poco, alla fine è diventato realtà. E tutto è andato al meglio, come in tante tappe del trofeo Bonatti: c’è stato l’intoppo, il momento di smarrimento, ma tutto è finito in allegria, a raccontarcela, a prenderci un po’ in giro e a fantasticare su qualche altra impresa futura. Esattamente come ai bei tempi.
Il treno ci ha riportati comodamente a Bolzano, e sono contento che i miei compagni d’avventura abbiano potuto apprezzare la bellezza di questo curioso binomio. Semplice ed economico, ideale per andare alla scoperta di nuovi posti senza doversi sobbarcare un numero spropositato di chilometri in sella. Da tenere presente per le prossime avventure.
Il “duecentello” non è arrivato, ma i complimenti vanno comunque a tutti. Allo zio Remo, che ho visto spesso in testa a tirare e che alla fine sembrava il più fresco di tutti. A Vlady, che con questo giro ha quasi raddoppiato i km annuali: sarei curioso di vedere dove potrebbe arrivare allenandosi con costanza.
E anche ad Andrea, che ha tenuto duro fino a che ha potuto, e anche oltre. Avrà modo di rifarsi… magari cambiando dieta
Alla prossima!