Ci rivedremo, Montefiore!
A tutti i ciclisti capita di incontrare una salita che fa penare più di altre, ma che proprio per questo si ama (e si odia) in modo particolare…
Rieccoci a noi, Montefiore!
L’ultima volta hai vinto tu, ma oggi sarà un’altra storia! Ormai ti conosco, so quanto sei infida, non mi faccio più ingannare da quel cartello che non dice la verità sulle tue pendenze. Dodici per cento? Macché! In alcuni punti ti impenni verso il quindici e anche di più.
Con te, all’inizio, bisogna andarci piano. Non l’ho fatto qualche giorno fa, pieno dell’entusiasmo vacanziero dei primi giorni, quando mi sono lanciato a testa bassa verso i primi tornanti. Eppure conoscevo il rischio!
Mi ha tradito la sete di rivincita che covavo da un anno intero. La voglia di “bermi” quei tre chilometri e qualcosa tutti d’un fiato m’ha giocato il più classico degli scherzetti, quello di piantarmi prima di vedere la strada tornare in piano. E allora son stati dolori, perché tu sembri farti beffe di chi si trova impiccato troppo presto.
Che rabbia, quel giorno! La Rocca, che squadra tutti maestosamente dall’alto, dava l’impressione di non avvicinarsi mai. Il transito in paese, poi, è stato quello di un combattente ferito e scornato, anche se non irrimediabilmente sconfitto, con l’andatura appesantita di chi ha patito i colpi.
Questa volta, invece, voglio entrare in paese da vincitore. Se si trattasse del Giro d’Italia sarebbe un arrivo a braccia alzate, di quelle che ti gusti con calma, dopo esserti scrollato di dosso uno a uno, durante l’ascesa, tutti i compagni di fuga. Ma non siamo al Giro. E’ solo una sfida personale, una questione di principio da portare in fondo.
Ecco, come al solito nei primi metri provi a illudere il malcapitato di turno. Un tratto pedalabile, all’ombra, che invita al fuorisella. Chi ben comincia è a metà dell’opera, verrebbe da dire. Ma qui non è così. Un paio di curve, un bivio, ultima scappatoia verso la pianura, ed ecco il fatidico cartello che annuncia le pendenze più severe… poi un tornante atipico, quasi uno scalino, e l’illusione che la strada spiani. Ma una nuova impennata, sotto il sole cattivo di giugno, ti rivela finalmente in tutta la tua durezza. E siamo solo a metà.
“Non devo farmi fregare!” è il pensiero che mi ronza in testa in questo momento. Una buona gestione delle proprie forze dovrebbe bastare, dopotutto si tratta di qualche chilometro, non sto mica scalando lo Stelvio!
Chissà quante volte l’unico, inimitabile Marco Pantani sarà passato da queste parti. Che cosa avrà pensato affrontando questi strappi? Di certo, salendo alla mia velocità, avrebbe anche potuto permettersi di fischiettare.
Altre due curve, e in mezzo duecento metri tosti davvero. Arriva, inevitabile, la fatica, quella vera, quella che se dai retta alla testa giri la bici e ti gusti una immeritata discesa.
Ora volto le spalle alla Rocca, non ho più il riferimento, ma forse è meglio così. Sì, questo tratto lo ricordo, ancora qualche pedalata e poi spiana. Ci sono, la velocità aumenta. Una curva a gomito e laggiù le prime case. È fatta.
Entro nel paese fatto di viuzze medioevali sormontate dalla maestosa rocca. Al di sotto un panorama da favola, anzi di più, non esiste una definizione appropriata. Cielo, mare e monti, tutto in uno.
Poi la discesa e il momento dei bilanci. Non sono contento. Non posso esserlo. Perché voglio sfidarti ancora, Montefiore. E ancora. Ti amerò e ti odierò come oggi, mentre sbufferò al cospetto della tua Rocca che m’aspetta lassù.
Ci rivedremo, Montefiore!

Immagine di Toni Pecoraro, Wikipedia

Fonte immagine: www.appenninoromagnolo.it
Bello!!! Fatta più volte, tre strappi micidiali!