Il clima sta cambiando?
Analisi di un’ondata di freddo fuori stagione… per dire che sì, il clima sta cambiando, ma che bisogna andarci piano e non trarre conclusioni affrettate!
Ormai è il luogo comune più… comune di tutti e ha addirittura sostituito il vecchio e antipatico (per i meteorologi) andazzo “non ci sono più le mezze stagioni”. E’ il ritornello che si sente e si legge ovunque, dalla rivista di moda al programma televisivo più o meno culturale. È l’ormai inflazionatissimo motto “il clima sta cambiando”, un vero e proprio tormentone del Duemila.
Questa affermazione, di per sé accettabile, tradisce un equivoco di fondo che sfugge ai più.
Perché molti sono convinti che “cambiamento” non vada d’accordo con “clima”, un’entità considerata, nell’immaginario collettivo, come una delle più immutabili del nostro pianeta. Proprio qui sta l’inghippo: se c’è una cosa che NON si può dire del clima terrestre, è proprio che esso sia rimasto uguale a se stesso nel corso della storia!
Il ritornello, se proprio vogliamo coniarne uno, dovrebbe suonare così: “il clima cambia… ma è sempre cambiato!”.
Ventimila anni fa l’area alpina dell’Italia settentrionale era coperta da enormi coltri di ghiaccio. Poche migliaia di anni fa, invece, molti dei ghiacciai alpini che conosciamo erano scomparsi. Il XVII e il XVIII secolo videro temperature più fresche delle attuali, durante le due guerre mondiali non vi erano grandi differenze con il clima attuale, poi gli anni ’60 e ’70 furono caratterizzati da un nuovo raffreddamento, che portò gli scienziati a parlare di una nuova era glaciale (sic!) in arrivo. Basta questo brevissimo excursus nella storia climatica recente a dimostrare come il clima sia un’entità in continuo divenire, con alti e bassi che fanno impallidire le oscillazioni di questi ultimi anni. Non c’è nulla di immutabile, dunque, a cui potersi aggrappare.
Chi ne sa qualcosa in più ammette che le oscillazioni dei parametri meteo ci sono sempre state, ma ribatte che l’anomalia è nella rapidità con cui il clima sta cambiando. In pochi decenni, secondo loro, la temperatura media del pianeta raggiungerà livelli tali da annientare i ghiacciai delle grandi catene montuose e ridurre ai minimi termini quelli artici e antartici. A parte il fatto che, secondo proiezioni di una ventina d’anni fa, già ora dovremmo vivere in una sorta di forno permanentemente acceso, e ciò dimostra che qualcosa ancora ci sfugge, anche questo modo di pensare si sta rivelando almeno in parte errato. Gli studi più recenti dimostrano che brusche variazioni del clima si possono verificare anche in pochi decenni. Cambiamenti delle correnti marine e atmosferiche, eruzioni vulcaniche, anomalie nell’attività del Sole e altre concause possono indurre repentini cambiamenti di rotta a trend che sembravano consolidati (leggere qui).
Ma allora cosa c’è di vero? L’unica cosa che si può affermare su base scientifica è che il clima attuale è mediamente più caldo rispetto a quello che hanno vissuto i nostri genitori e i nostri nonni. Probabilmente l’uomo ci sta mettendo lo zampino con le emissioni di gas serra. Resta comunque il fatto che oscillazioni di questo genere si sono già verificate in passato! Ci sono già stati lunghi periodi di clima “normale” (se vogliamo considerare nella normalità quello dei decenni scorsi) seguiti da “improvvisi” sbalzi termici e pluviometrici. Chi può affermare con certezza assoluta che per la Terra non sia più “normale” il periodo che stiamo vivendo attualmente?
Spingendoci indietro nel tempo di oltre 150 anni e non potendo più fare affidamento su carte meteorologiche, dati o osservazioni attendibili, possiamo solo dedurre un comportamento medio dei parametri meteorologici, non sufficiente a ricostruire con precisione il tipo di circolazione atmosferica che regnava allora e che poteva, chissà, generare fenomeni e temperature che oggi riterremmo stravaganti.
Non potendolo fare, appunto, è stato preso a riferimento il clima nel dopoguerra. Abbiamo dato per scontato che, da sempre, le perturbazioni atlantiche spadroneggiano sull’Europa occidentale nel periodo invernale, con neve e pioggia distribuite democraticamente dalla depressione d’Islanda e che da maggio a settembre l’anticiclone delle Azzorre si espanda sugli stessi paesi, portando un lungo periodo caldo con frequenti temporali in montagna e brevi periodi di frescura rigenerante anche sulle pianure. Questa situazione è però solamente l’istantanea di un processo che sempre è mutato e sempre muterà: ciò che ci inganna è la brevità della nostra vita e la scarsa copertura temporale delle rilevazioni strumentali.
L’errore grossolano è sostenere che, discostandosi da questo clima “di riferimento”, si vada verso l’anormalità.
Siamo d’accordo, si diceva, che il clima di oggi è diverso da quello di alcuni decenni fa. Ma ciò non vuol dire che quest’ultimo rappresentasse lo standard dall’inizio dei tempi!
Nel settembre 2014 ho rivisto questo pezzo, trovandovi i seguenti passi scritti nel 2006: “Ciò che è venuto a mancare è la forza delle correnti occidentali, in grado di sospingere le figure dominanti in Atlantico sul comparto europeo. Esse sono, come già accennato, l’Anticiclone delle Azzorre in estate e la depressione semipermanente islandese in inverno. Per cause ancora in fase di studio (un ruolo lo gioca, forse, la perdita di forza della Corrente del Golfo) vengono invece privilegiate figure bariche che si distendono da sud verso nord, e viceversa, che non vengono adeguatamente “stirate” lungo i paralleli dalle correnti occidentali. Il risultato è che si formano blocchi di aria calda che risalgono a latitudini inconsuete, a cui corrispondono, per compensazione, altre aree in cui vi sono massicce discese di aria fredda anche nel periodo caldo. Il luglio 2000, per esempio, ha visto l’Italia investita per diversi giorni da correnti settentrionali, con temperature abbondantemente sotto la norma e neve a quote medie (indimenticabili i 18 cm di neve a Livigno che rimasero al suolo per più giorni!)”
Ebbene questo brano contrasta con quanto accaduto negli anni successivi, il 2014 per esempio, in buona parte caratterizzato da correnti atlantiche tese e molto basse di latitudine che hanno causato un inverno mite e umidissimo in Europa occidentale e tenuto lontano l’anticiclone africano con le sue temperature bollenti nel periodo estivo. Dov’è allora la normalità?
Una delle tante situazioni limite dal punto di vista climatico si è avuta nei primissimi giorni di giugno 2006. In quell’occasione una discesa di aria fredda ha raggiunto addirittura le latitudini del basso mediterraneo, dando vita a nevicate sui rilievi che verranno ricordate negli annali. La situazione al 31 maggio è raffigurata nell’immagine seguente; l’anticiclone delle Azzorre assume una posizione di blocco sulle coste occidentali europee. Si tenga presente che in un’area di alta pressione la circolazione dei venti si svolge in senso orario. Ecco dunque che sul bordo orientale dell’alta pressione si ha la discesa di un blocco di aria fredda, che possiamo identificare con la lingua verde che si insinua nel Mediterraneo.
IN CONCLUSIONE: stiamo senza dubbio vivendo una fase di riscaldamento climatico, ma si tratta di processi che avvengono da sempre, e sempre avverranno, e che l’uomo può contrastare (o accelerare) in misura non ancora quantificabile. Forse siamo determinanti, o forse stiamo solo vivendo solo un delirio di onnipotenza. Il vero atteggiamento scientifico è quello di porsi dubbi, sempre.
Il clima è in continuo divenire, non dimentichiamolo mai!