Il vecchio della Panoramica

Quella che vi racconterò è una storia curiosa e forse un po’ commovente.
È la storia del vecchio della Panoramica.

Il vecchio della Panoramica, da vicino, l’ho visto una sola volta diversi anni fa. Era il 2035, o forse il 2036. Era sceso con una delle sue inseparabili bici in paese, a Gabicce, per fare qualche acquisto. A lui, minimalista per definizione, non serviva certo un gran che; nel bauletto riusciva a farci stare tutto il necessario per una settimana di autonomia.
A quel tempo Marco, così si chiamava lo strano personaggio, era già un volto noto, tanto che i media si erano occupati di lui e della sua vita quasi da eremita. Pur schivo e poco incline alle chiacchiere, nelle interviste confidava con piacere il suo amore per il Parco del Monte San Bartolo, un pezzo di Marche sospeso tra cielo e mare, e per quel nastro d’asfalto fatto di su e giù che lo percorre, la Strada Panoramica.
Il vecchio aveva trovato casa a un tiro di schioppo dal piccolo borgo di Casteldimezzo, in un luogo di una bellezza straordinaria. Dal casolare appollaiato sulla collina si vedevano l’alba sul mare e il tramonto verso l’entroterra, il cielo stellato e i furiosi temporali al largo. Lui non chiedeva di più. Lui da tempo immemore desiderava quello, e solo quello.
Il vecchio della Panoramica non era nato da quelle parti. Aveva scoperto quei posti ormai adulto, girovagando in bicicletta, un altro grande amore della sua vita. Curiosa commistione di una passione che ne genera un’altra!
Secco come una sardina, quel giorno mi aveva rivolto uno sguardo abbozzando un sorriso. Le sue rughe raccontavano di una vita non facile, ma nei suoi occhi si leggeva la serenità di chi aveva finalmente trovato la sua strada.
Conoscevo e ammiravo la sua storia, ma in quel frangente non riuscii a spiccicare parola. Il vecchio balzò frettolosamente in sella, e io lo guardai puntare la salita che porta a Gabicce Monte.
Si narrava, con una punta di ironia, che quell’ascesa l’avesse ormai fatta migliaia e migliaia di volte, e che prima o poi avrebbe raggiunto il milione. Credo che per il vecchio della Panoramica quella non fosse una semplice salita, ma una porta, l’ingresso di un mondo in cui mille volte egli aveva trovato rifugio nella sua precedente vita. Un mondo senza paura e senza rabbia, una specie di zona franca dell’anima, dove lo schifo non poteva entrare.
Che tipo, quel vecchio. Vantava una perfetta conoscenza dell’ambiente naturale del parco, tanto che era stato nominato responsabile ad honorem del museo paleontologico di Fiorenzuola di Focara. Era lui che curava la celebre esposizione nata nel secolo scorso su iniziativa di un illustre scienziato veronese, tal Lorenzo Sorbini, che sul San Bartolo aveva trovato una seconda casa. Un po’ come lui.
Ma era anche conosciutissimo negli ambienti ciclistici della zona, e non c’era giorno in cui non lo si vedesse inforcare la sua “due ruote” per bighellonare avanti e indietro lungo i saliscendi profumati di pini e salsedine. E che fisicaccio, nonostante gli anni! Con la sua strana bicicletta, manubrio dritto, telaio vintage e insegne dell’indimenticabile Marco Pantani, si metteva in scia ai grupponi di ciclisti e non mollava un metro, suscitando sorpresa e ammirazione. Forse, conoscendo ogni centimetro di quel percorso, la cosa gli riusciva un po’ più facile di quello che si potesse pensare. Ma le gambe giuste, quelle bisognava averle comunque!
A volte, d’improvviso, il vecchio si sfilava dal gruppo. Imboccava una stradina laterale, giungeva sull’orlo di qualche strapiombo, posava la sua amata e si sedeva al sole, lasciando che il mormorio del mare accarezzasse la sua anima. Credo che in quei momenti il vecchio ricordasse i giorni ormai lontani in cui, sfinito da una folle corsa verso il nulla, scappava a trovare conforto sulla Panoramica. Saltava su un treno, bici al seguito, e correva a Casteldimezzo a prendere un lunghissimo respiro. Ma quel giochetto non poteva durare per sempre. Ad un certo punto il fiato era diventato così corto che ogni momento era buono per una fuga a casa, quella vera. Fino all’inevitabile decisione.
Il vecchio della Panoramica non parlava volentieri del suo passato. Veniva dalle montagne, che descriveva astiosamente come barriere per il corpo e lo spirito. Si chiedeva come fosse possibile vivere ranicchiati in una piega del mondo. Per lui non era concepibile che lo sguardo non potesse spaziare verso l’infinito, che in ogni direzione ci fosse un ostacolo a tagliare ali, sentimenti, sogni. Liquidava sempre il tutto con poche parole, indispettito, per non farsi prendere dalla malinconia di un pezzo di vita che non era mai stato suo.
Saliva in bici con qualunque tempo, il vecchio. Per lui non esistevano caldo, freddo, pioggia, vento. L’unica cosa che gli mancava era la neve. Sulla Panoramica è sempre stata cosa rara.
Così, quel giorno di inizio marzo, il vecchio era saltato in sella bardato come un astronauta per godersi l’arrivo di un temporale con i fiocchi, nel vero senso della parola. Dal mare, gonfio e scuro, sembrava avvicinarsi l’apocalisse. Un’occasione così il vecchio non se la poteva certo far scappare. Lo videro salutare affettuosamente Casteldimezzo e puntare senza esitazioni l’immane massa di neve in arrivo. Soffiava un vento gelido e impetuoso, di quelli che inducono a rinchiudersi in casa, al calduccio. Ma non il vecchio… lui accettò la sfida scomparendo dietro la curva, alto sui pedali, figura dignitosissima di un mondo ormai lontano nel tempo.
Nessuno lo rivide più.
Ma una cosa è certa: il vecchio della Panoramica ha lasciato questa vita nel migliore dei modi. Perché non era mai cambiato. Nessuno era riuscito a farlo. Era rimasto quel ragazzino che saliva testardamente in montagna quando cadeva la neve con bici e abbigliamento di fortuna e rientrava rocambolescamente a casa, stanco e intirizzito, a raccontare l’impresa al caro papà Carlo. Il DS, così tutto chiamavano Carlo, non mancava di rimproverarlo per la sua imprudenza, ma in fondo era orgoglioso di un figlio che stava rivivendo le imprese della sua gioventù, quando le strade erano sterrate e le biciclette ricordavano i fasti di Coppi e Bartali.
E poi c’era la mamma, che si preoccupava di rifocillarlo e di sciorinare altre affettuose raccomandazioni. Che bei tempi.
Chissà che ora quei tre non siano nuovamente insieme, a vivere e raccontarsi qualche altra scombinata avventura.
Io lo spero tanto.
Perché è stato senza dubbio l’ultimo desiderio del vecchio della Panoramica.

E perché quel vecchio sono io.

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