La singolare pluviometria in Trentino A.A.

La regione Trentino Alto Adige presenta entro i confini della sua modesta estensione territoriale (13.619 kmq) scarti termici e precipitativi degni di nota.
Se le differenze di temperatura possono essere intuitivamente messe in relazione con la grande varietà altitudinale (dal fondo della Val Lagarina alle cime dell’Ortles si registra un dislivello di quasi quattromila metri), meno intuitivo è lo scarto nel regime delle precipitazioni che esiste tra il nord ed il sud del territorio. Dalla Valle del Chiese (al confine con la provincia di Brescia) alla Val Venosta (verso la Svizzera) il tragitto in linea d’aria è breve, qualche decina di chilometri, ma sufficiente a distinguere nettamente il clima umido della prima (1500 mm annui) da quello della seconda, la cui pluviometria (500 mm annui) è tipica di zone semiaride.
Per spiegare una tale configurazione va presa in considerazione l’influenza che l’arco alpino esercita sulle correnti umide provenienti generalmente da sud o sud-ovest. Sospinte dalle depressioni che si formano frequentemente sul Mediterraneo nel semestre freddo, esse trovano sul loro cammino i contrafforti prealpini che delineano il margine settentrionale della Pianura Padana. Costrette a risalirne i versanti, la massa d’aria originaria cambia le sue caratteristiche raffreddandosi e causando la condensazione dell’umidità, che cade sotto forma di pioggia o neve.
Si osserva di conseguenza, a mano a mano che le correnti procedono verso nord, a un processo di graduale “prosciugamento” massa d’aria, che giunge con un carico di umidità nettamente diminuito nel cuore della catena alpina. Se, infatti, l’area meridionale e centrale del Trentino può contare su apporti di 1000-1500 millimetri d’acqua per metro quadro annui, alcune zone interne dell’Alto Adige (Val Venosta, media Val d’Isarco, Val Pusteria) rimangono al di sotto dei 700, con minimi anche intorno ai 500 mm, inferiori a quelli di molte località mediterranee conosciute per il clima caldo e le distese assolate di fichi d’India.
Ma che cosa impedisce dunque a queste aree di assumere aspetti simili ad un ambiente semidesertico? Principalmente la temperatura media piuttosto fresca, che comporta un minor tasso di evaporazione, ma anche una certa uniformità nella distribuzione delle precipitazioni nel corso dell’anno a differenza del contesto mediterraneo, per il quale l’estate rappresenta un prolungato periodo di siccità.
Anche i dati raccolti nei due capoluoghi di provincia confermano la situazione descritta: se a Trento in un anno in media cadono oltre 900 millimetri d’acqua per metro quadrato, a Bolzano si scende a circa 750. La differenza si nota ancor più in inverno, quando le precipitazioni sono spesso a carattere nevoso, e dunque facilmente quantificabili anche senza l’ausilio di appositi strumenti. Eclatante è l’esempio del freddo gennaio 1985, che vide la città trentina semisepolta dalla neve, mentre a Bolzano a malapena si superarono i venti centimetri.
La maggiore piovosità (e conseguentemente una minore insolazione) del Trentino rispetto alla provincia altoatesina si evidenzia anche nell’altitudine raggiunta dalle coltivazioni agricole, che lungo la cresta centrale alpina si spingono ad una altitudine di 300-400 metri maggiore rispetto a zone poste più a sud.
Si può dunque concludere che anche le differenze nel regime precipitativo, così come in quello termico, sono da imputare alla complessa orografia alpina.
La domanda che sorge spontanea a questo punto è la seguente: quale sarebbe il clima della nostra regione in sua assenza? Di certo svanirebbero differenziazioni e particolarità a livello locale. Il clima assumerebbe caratteristiche più spiccatamente centro-europee: l’estate si presenterebbe più breve ma calda, non più confortata dalle brezze quotidiane; senza la protezione dalle correnti provenienti dalle regioni polari l’inverno sarebbe almeno a tratti particolarmente freddo e con passaggi perturbati incisivi ma brevi, vista la mancata formazione di depressioni sottovento alle Alpi.
Va dunque attribuito alla catena alpina il fatto di aver conferito al territorio circostante delle caratteristiche climatiche molto particolari.

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