Leggere un radiosondaggio
Argomento difficile, lo premetto… tenterò di esserne all’altezza!
In questi ultimi decenni la meteorologia ha fatto passi da gigante; l’avvento di Internet, inoltre, ha messo a disposizione del grande pubblico l’enorme mole di dati quotidianamente raccolti ed elaborati. Tra le risorse meteo più cliccate vi sono i radiosondaggi (in inglese: soundings), che permettono di tracciare un profilo verticale dell’atmosfera e dedurre quali potrebbero essere gli sviluppi del tempo nelle ore successive. I radiosondaggi diventano talvolta nei forum di meteorologia oggetto di vivaci discussioni, in quanto danno indicazioni molto importanti ma non facilmente interpretabili sia per la previsione dei temporali estivi sia per dedurre la quota alla quale cadrà la neve in inverno.
I radiosondaggi si ottengono grazie ai palloni sonda, che si spingono fino a 25-30 km di altezza registrando pressione, temperatura, umidità e vento. Essi, sospinti dalle correnti, possono spostarsi dalla verticale del punto di lancio anche di qualche centinaio di chilometri ed essere sottoposti a temperature di diverse decine di gradi sotto lo zero. La progressiva diminuzione della pressione li fa gonfiare a dismisura fino ad esplodere; a quel punto un piccolo paracadute limita la possibilità di danni a cose o persone. La maggior parte degli osservatòri meteorologici si trovano nell’emisfero settentrionale ed eseguono il lancio dei palloni tutti i giorni alle stesse ore (00z e 12z, oppure 00z, 06z, 12z, 18z; la “z” indica il tempo di Greenwich).
Va precisato che i radiosondaggi hanno valore indicativo e che per determinare il tempo che farà il meteorologo, oltre a valutare gli indici termodinamici in essi contenuti, dovrà effettuare una complessa serie di valutazioni sull’orografia, sulle brezze locali e sulla curvatura delle correnti in quota.
Da ricordare inoltre che la maggior parte degli indici sono stati ideati negli Stati Uniti, e che quindi su quelle zone offrono la massima attendibilità.
Interpretare a dovere un radiosondaggio è compito di un professionista, perché implica un’ottima conoscenza della fisica dell’atmosfera; per quanto mi riguarda, essendo un semplice appassionato (sia pur di vecchia data), mi sono servite diverse sessioni di ricerche e approfondimenti per la stesura di questo testo.
Con un po’ di applicazione, dalle immagini che seguiranno si possono trarre utili indicazioni sul tempo che farà. Partiamo dal radiosondaggio in formato testuale, che ci permetterà di snocciolare le varie informazioni che appaiono.
Prima di tutto notiamo che vengono indicati il numero della stazione di rilevamento, la località, data ed ora (di Greenwich) del radiosondaggio.
Di seguito la spiegazione delle varie colonne riportate.
Pressione atmosferica espressa in ettopascal (PRES hPa) alle varie altezze.
Altezza in metri (HGHT m) a cui il pallone sonda ha inviato i dati presenti nella riga.
Temperatura (TEMP) in gradi centigradi.
Valore di dewpoint, (o temperatura di rugiada) ovvero la temperatura necessaria per portare a condensazione l’acqua presente nella massa d’aria mantenendo la pressione costante. Il dewpoint è sempre minore o al massimo uguale all’effettiva temperatura dell’aria.
Valore di umidità relativa (RELH %), ovvero il contenuto in acqua della massa d’aria in rapporto al massimo teorico che essa potrebbe contenere.
Rapporto di mescolanza (MIXR, mixing ratio), ovvero il rapporto tra la massa del vapore acqueo e la massa d’aria totale che lo contiene. Il MIXR è espresso come grammi di vapore acqueo sui chilogrammi d’aria secca contenuti nella massa d’aria;
Direzione del vento in gradi (degrees) (DRCT) che può assumere valore 0° (nord), 90° (est), 180° (sud), 270° (ovest) e ovviamente tutti i valori intermedi.
Velocità del vento (SKNT), espressa in nodi internazionali (knots); 1 nodo = 0,514444 m/s = 1,852 km/h;
Temperatura potenziale (THTA) è la temperatura espressa in gradi Kelvin che una particella di un fluido assumerebbe se fosse portata, tramite uno spostamento adiabatico (ovvero senza un apprezzabile scambio di calore con l’esterno) a una pressione di riferimento, in genere 1 bar. La temperatura potenziale è indice della stabilità di una massa d’aria; se essa diminuisce con l’altezza si ha una situazione di instabilità atmosferica. A differenza della temperatura reale, la temperatura potenziale di una particella non viene influenzata dall’aumento o diminuzione di quota in presenza per esempio di una catena montuosa e non cambia fino a che altri fattori non intervengono (raffreddamento o riscaldamento rispettivamente per avvezione di aria fredda o calda o per evaporazione o condensazione); questo la rende nel radiosondaggio una grandezza molto più importante della temperatura reale per la valutazione delle condizioni atmosferiche.
Temperatura potenziale equivalente (THTE), è la temperatura (espressa in gradi Kelvin) che una massa d’aria assumerebbe se fosse sollevata fino a liberare tutto il proprio calore latente di condensazione (ovvero se tutta la sua umidità condensasse) e fosse portata poi seguendo l’adiabatica secca (senza più condensazione, 1 grado in meno ogni 100 metri di salita) alla quota di 1000 hPa. La temperatura equivalente potenziale è indice della stabilità di una massa d’aria: a grandi linee, a parità di temperatura, tanto più una massa d’aria possiede THTE elevata, tanto più il suo contenuto di umidità è elevato. La temperatura potenziale equivalente è stata usata per avvalorare la teoria di Van Hann riguardante il föhn, perché dimostra che la massa d’aria proveniente dal versante montuoso opposto si getta verso la pianura da quote elevate (vedi qui).
Temperatura potenziale virtuale (THTV) dipende dalla temperatura potenziale e dall’indice di mescolanza (MIXR) visto in precedenza. Aiuta a determinare il “tetto” dello strato d’aria in cui avvengono i processi di rimescolamento.
Una volta esposti tutti i rilevamenti effettuati (nell’immagine se ne vede solo una parte), vengono riportati una serie di indici calcolati in base ad essi:
Tenendo sempre a mente che stiamo parlando di documentazione prettamente specialistica, di questi indici possiamo ricordare quelli che seguono.
Lifted Index, che misura la stabilità dell’aria nella media troposfera. Esprime in gradi centigradi la differenza di temperatura tra una particella presente alla quota di 500 hpa (circa 5500 metri di quota) e un’altra particella che è giunta a quella quota partendo dalla superficie. E molto utile per prevedere la possibilità di temporali: se è maggiore di 2 non vi saranno temporali, tra 0 e 2 possibilità di temporali isolati, da -2 a 0 temporali abbastanza probabili, da -4 a -2 temporali forti possibili, sotto -6 temporali forti abbastanza probabili con possibili trombe d’aria. Ad un analogo utilizzo si presta lo Showalter Index.
Sweat index, indice molto usato negli Stati Uniti per la previsione di tornado associati a supercelle. In Italia le trombe d’aria, che possiamo definire “sorelle minori” dei tornado americani, possono essere associate oltre alle supercelle anche alle classiche nubi temporalesche. Valori molto alti dello sweat index (dai 400 in su) indicano la possibilità di eventi disastrosi.
K-Index o Whiting Index, un indice di stabilità che deriva dalla seguente formula: K-INDEX = T850 – T500 + TD850 – (T700 – TD700) dove T è la temperatura, TD il dew point e il numero che segue indica le superfici isobariche di 850, 500 e 700 hpa. K-index minore di 25 indica scarsa probabilità di temporali, tra 25 e 40 discrete probabilità, che diventano ottime con valori superiori a 40;
TT (total-totals) è un ulteriore indice per la previsione dei temporali che mette in relazione vari altri indici. Con valori inferiori a 43 sono improbabili temporali, basse probabilità di temporali fino a 45, tra 45 e 50 discrete (con scarse possibilità di fenomeni forti), oltre 50 rischio di fenomeni intensi con formazione di tornado.
CAPE (Convective Available Potential Energy), molto utile per valutare l’instabilità dell’atmosfera, e dunque la possibilità che vengano favoriti i moti convettivi determinanti nella formazione delle nubi temporalesche. Semplificando al massimo, il CAPE è l’energia in gioco in atmosfera; si tratta del lavoro svolto dalla spinta che permette l’ascesa di una massa d’aria. Un CAPE minore di 500 (Joule per kg di aria) esclude la possibilità di temporali, tra 500 e 1000 possibilità di fenomeni isolati, da 1000 a 2000 abbastanza probabili, oltre 2000 temporali forti e abbastanza probabili con l’eventualità di trombe d’aria.
CIN o CINH (Convective Inibition) è una sorta di anti-CAPE, perché quantifica l’energia disponibile (sempre espressa in joule) nella bassa troposfera per frenare l’innesco di moti verticali spontanei. Un CIN alto indica una situazione di inversione termica, che normalmente impedisce ogni movimento dell’aria verso l’alto; in queste situazioni si osserva la presenza di uno strato di aria stabile detto CAP (Capping inversion); si noti però che vi possono essere situazioni (l’arrivo un fronte freddo, il forte riscaldamento del suolo da parte del sole, il sollevamento forzato di una massa d’aria che incontra un versante montuoso) in cui, nonostante il CIN elevato, grandi masse d’aria si innalzano comunque fin oltre il CAP, generando sistemi nuvolosi. Con valori di CIN fino a 50 il CAP è basso e la convezione può partire anche spontaneamente, fino a 200 il CAP è medio e ci potrà essere convezione solo se si verifica una delle condizioni instabilizzanti sopra descritte, oltre 200 di CINS il CAP è alto e quindi sarà poco probabile lo sviluppo di celle temporalesche anche in presenza di elevati valori di CAPE. Può anche accadere che il CAP venga “sfondato” dalla spinta delle correnti ascensionali solo in alcuni punti, e che in corrispondenza di questi strappi si concentri l’energia accumulata durante una giornata estiva calda e afosa: in questo caso si possono generare fenomeni anche violenti.
Equilibrium level è il livello atmosferico in cui le particelle d’aria raggiungono lo stesso calore dell’ambiente circostante mettendo dunque fine alla convezione. Può essere indicato anche come il top delle nuvole. Non coincide necessariamente con il limite tra troposfera e stratosfera.
Level of free convection è il livello al quale termina la spinta convettiva subita dalla particella d’aria ad opera delle termiche; da quel punto in poi la particella potrà contare solo sul residuo contenuto in vapore per continuare la salita (sfruttando il principio della condensazione che libera calore).
Bulk Richardson Number, mette in relazione il CAPE e il wind shear (l’eventuale cambiamento di direzione del vento al variare della quota, vedere più avanti) e a seconda del valore assunto indica la possibilità o meno di sviluppo di temporali a multicella, supercellulari o mesociclonici: minore di 10 scarsa possibilità, tra 11 e 49 moderata possibilità, tra 50 e 100 elevata possibilità.
Lifted condensation level o LCL (livello di condensazione), indica a quale temperatura e a quale altezza (in ettopascal) avviene la condensazione di una massa d’aria costretta a salire per ostacoli orografici o per l’arrivo di un fronte; con un LCL basso la quantità di vapore in atmosfera è abbondante e la possibilità di formazioni nuvolose alta.
Thickness esprime lo spessore in metri tra i livelli a 1000 e 500 hPa; esso varia in funzione della temperatura dell’aria (più calda è l’aria, maggiore sarà la misura).
Precipitable water è il contenuto di vapore acqueo, espresso in potenziali millimetri per metro quadrato precipitabili, della colonna d’aria sulla verticale del luogo. Con valori superiori a 20 c’è vapore a sufficienza per lo sviluppo di temporali.
Fino ad ora abbiamo visto diagrammi testuali; ma i dati rilevati possono anche essere rappresentati graficamente nel diagramma aerologico, la cui variante più diffusa è quello di Herlofson, detto anche Skew T-log p, perché ha come coordinata verticale (asse y) la pressione “p” in scala logaritmica tra il suolo e 100 hPa, mentre sulle ascisse (l’asse delle x) si trovano i valori della temperatura “T”; le isoterme sono però inclinate di 45° verso destra, rispetto alle linee della pressione, che sono invece orizzontali.
A prima vista il diagramma può apparire di una complessità scoraggiante, ma alcune deduzioni sono alla portata anche dei non addetti al lavoro.
Possiamo prima di tutto notare la presenza di una curva rossa, la curva di stato, che indica l’andamento della temperatura al diminuire della pressione (ovvero all’aumentare dell’altitudine). Si tratta della linea che termina il suo cammino nell’angolo in alto a destra del diagramma.
La linea azzurra indica invece l’andamento del dew point (temperatura di rugiada) ovvero la temperatura alla quale il vapore contenuto nella massa d’aria inizierebbe a condensare. La linea azzurra si troverà ovviamente sempre a sinistra (verso temperature più basse) della curva rossa; quando esse tendono ad avvicinarsi (o addirittura a toccarsi) l’aria è vicina alla saturazione: è il caso tipico delle giornate estive afose anche se, come detto, altri fattori devono realizzarsi affinché il temporale si scateni.
La linea verde rappresenta la velocità del vento in nodi.
L’ultima, la linea viola è l’adiabatica satura, che indica la variazione adiabatica di temperatura (variazione adiabatica=processo che avviene senza scambio significativo di calore con l’esterno) verticale in presenza di aria satura. A questo proposito va ricordato che la variazione di temperatura (gradiente) per l’aria secca in salita è di 1°C per ogni 100 metri, ma quando l’aria diventa satura ed inizia la condensazione essa libera una certa quantità di calore, detto “calore latente” (590 calorie per grammo), facendo sì che il gradiente passi a 0,55°C circa per 100 metri. L’estremità più bassa della linea viola si trova dunque alla quota in cui inizia la condensazione (nella figura proposta essa inizia ad una quota di circa 1000 hpa). Fino a questa quota, che coincide con il Lifted condensation level o LCL che abbiamo visto prima, al posto dell’adiabatica satura appare l’adiabatica secca, che come detto riporta una variazione di temperatura di circa 1 grado per 100 metri di salita.
Sulla destra accanto all’asse y, infine, possiamo osservare la direzione del vento alle varie quote. Anch’esso è un parametro decisamente importante: se infatti all’aumentare dell’altitudine si osserva un “wind shear” positivo (ovvero si ha una progressiva rotazione delle correnti in senso orario) la tendenza dell’aria ad invorticarsi verrà agevolata; esiste anche uno “speed shear”, che risulterà positivo quando all’aumentare della quota aumenta anche la velocità (e quindi il risucchio di aria dal basso, fondamentale per la costruzione di nubi temporalesche).
A questo punto abbiamo tutte le informazioni per estrapolare alcuni degli indici citati in precedenza; per fare ciò ci baseremo sul seguente diagramma, molto semplificato, su cui vengono riportati solamente alcuni degli elementi visti finora.
La linea rossa, come detto, rappresenta l’andamento della temperatura. In questo caso non vi sono inversioni termiche alle quote medie e dunque la temperatura diminuisce gradualmente fino al tetto della troposfera (12 km circa), dove poi riprende ad aumentare.
La linea azzurra indica la temperatura di rugiada; essendo piuttosto vicina a quella rossa si denota una situazione di instabilità atmosferica.
La linea viola, infine, rappresenta l’adiabatica satura, che coincide con il destino termodinamico di una particella d’aria in salita al di sopra del livello di condensazione.
L’area evidenziata con il carattere “+” tra la curva rossa e quella viola rappresenta il CAPE, quella indicata con il “-” tra la curva di stato e la linea viola rappresenta il CINH. Nell’esempio l’area del CAPE è più estesa di quella del CINH, per cui vi sono condizioni favorevoli allo sviluppo di temporali.
È inoltre riportato il livello di condensazione forzata (LCL); è il livello al quale la massa d’aria è satura in seguito al raffreddamento e in estate, quando prevalgono i moti convettivi, corrisponde generalmente alla base delle nubi cumuliformi.
Possiamo inoltre identificare il Level of free convection (LFC) nel punto in cui la curva dell’adiabatica satura interseca la curva di stato; da questo livello in poi la condensazione proseguirà in altitudine fino a quando la particella non avrà esaurito il suo contenuto in vapore (ovvero la sua instabilità latente).
Un altro livello che possiamo facilmente individuare è l’Equilibrium Level (EL), che corrisponde alla base dell’inversione termica permanente presente tra troposfera e stratosfera (12-15 km circa alle latitudini intermedie); qui la curva di stato interseca l’adiabatica satura ed oltre tale quota i processi convettivi tendono ad arrestarsi spontaneamente.
Interessante notare che, in caso di moti convettivi (updraft) molto vigorosi, alcune celle temporalesche riescono a “bucare” tale inversione dando luogo alle “overshooting top”, ovvero a particolari protuberanze che superano in altezza l’incudine del cumulonembo.
Per concludere: leggere a dovere un radiosondaggio non è cosa semplice anche per gli esperti del settore; ma chi dispone di un discreto bagaglio tecnico può giocare al meteorologo e azzardare una previsione, anche molto particolareggiata, a breve termine… si tenga comunque presente che il rischio di farsi sfuggire un dettaglio fondamentale e commettere grossi errori è sempre dietro l’angolo!
Qui si possono visualizzare i radiosondaggi rilevati in ogni parte del mondo.
Super articolo, di grande utilità. Consiglio semplicemente l’aggiunta di un link http://weather.uwyo.edu/upperair/sounding.html per poi vedere in pratica un radiosondaggio. Un ringraziamento!
Grazie, comincio a capirne qualcosa. Mi piacerebbe seguire un corso serio (di superficiali ce ne sono tanti, interattivo e con esercizi!
Molto interessante! Grazie!
Articolo bello, chiaro e interessante; grazie.
Quanti ricordi…. nulla di più odioso della compilazione di un sondaggio …..ma …no sondaggio …no meteorologia!!! Complimenti!!
La spiegazione è troppo dispersiva.
Sarebbe più completo se spiegasse anche in che modo determinare e rappresentare graficamente il CAPE ed il CIN, allo scopo di aiutare chi vuole divertirsi ad elaborare un messaggio TEMP e riportarlo sul nomogramma di Herlofson.