L’illuminismo: una luce che servirebbe oggi

Nel 1784 il filosofo tedesco Immanuel Kant così definì l’illuminismo: “È l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto d’intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell’Illuminismo.”
Se questa definizione è quella che meglio inquadra l’Illuminismo, allora stiamo parlando (a mio modesto parere) della più entusiasmante pagina della storia umana: voglio dunque che abbia un posto nel mio sito!

DEFINIZIONE
L’illuminismo è stato un movimento politico, sociale, culturale e filosofico nel quale la ragione veniva considerata l’elemento chiave, che rende possibile il progresso in ogni campo delle attività umane, in contrapposizione ai dogmi e ai preconcetti delle religioni e di chi vuole precludere agli uomini la possibilità di ragionare. Al giorno d’oggi il termine “illuminismo” indica anche tutte quelle forme di pensiero che vogliono rischiarare la mente umana, ottenebrata dall’ignoranza e dalla superstizione, servendosi della critica della ragione e dell’apporto della scienza. Per questo possiamo definire come illuminismo ante-litteram alcune correnti di pensiero del mondo greco antico. Si pensi ai sofisti, che posero al centro della loro riflessione l’uomo e le problematiche relative alla morale e alla vita sociale e politica e si mostrarono critici verso i precetti e l’antropomorfismo religioso. Precursori dell’Illuminismo possono essere annoverati anche Democrito e gli atomisti, gli scettici e gli stoici e soprattutto Epicuro, che si propose di liberare l’uomo dalla paura che la religione incute verso gli dei e la morte.

UN PO’ DI STORIA
A differenza di quanto si possa pensare, le idee illuministe videro la luce in Inghilterra, dove i cittadini godevano di una certa libertà di pensiero e buone opportunità di formarsi culturalmente, e solo successivamente dilagarono in Francia, dove ebbero il massimo sviluppo. Molti illuministi francesi riconoscevano infatti di essersi ispirati alla filosofia inglese fondata sulla ragione e sulla conoscenza scientifica, elementi essenziali del pensiero di Locke, di Newton e di David Hume, che si rifacevano a loro volta a quello di Sir Francis Bacon, altro fervente sostenitore della metodologia scientifica. Pian piano questa corrente di pensiero guadagnò spazio in Europa e raggiunse anche l’America, dove fu incarnato da Benjamin Franklin (1706-1790), il primo americano che divenne illustre anche nel Vecchio continente grazie alla sua poliedricità: inventore, musicista, giornalista, editore, enciclopedista, saggista, diplomatico e politico. Nel periodo compreso tra il 1793 e il 1794, con la sfuriata della Rivoluzione francese, fu l’ala più rivoluzionaria dell’Illuminismo a prendere il sopravvento. In questi due anni (che si identificano non a caso con “il regime del Terrore”) la diffusione delle idee illuministe perse la sua vena pacifica, e talvolta elitaria, e si ebbero episodi sanguinosi. Le decapitazioni erano all’ordine del giorno e non risparmiarono nemmeno la regina Maria Antonietta d’Asburgo Lorena, Luigi XVI di Borbone e i leader stessi del regime rivoluzionario, Danton e Robespierre.

IL PRIMATO DELLA RAGIONE
Sulla scia di John Locke, filosofo del Settecento che lo anticipò, l’illuminismo vuole adattare ad ogni aspetto della vita il metodo della fisica newtoniana affidandosi alla ragione e rifiutando le verità rivelate. Questo patto tra ragione e modello sperimentale della scienza di Newton sembrava rendere possibile la scoperta delle leggi del mondo naturale, ma anche di quelle dello sviluppo sociale. Si concluse allora che, usando correttamente la ragione, sarebbe stato possibile un progresso indefinito della conoscenza, della tecnica e della morale, teoria che verrà successivamente ripresa dal positivismo. La ragione illuminista è lontana da quella classica, prevalentemente contemplativa, ma è invece funzionale e operativa. Il suo valore è dimostrato dai risultati pratici che essa consegue, come per esempio spiegare e ordinare i fatti in base a leggi che seguano una logica. L’illuminista è convinto che la natura abbia dotato ogni uomo della istintiva capacità di capire e ragionare, cosa che lo rende uguale a tutti gli altri a condizione che esso sia liberato dalla corruzione della superstizione e dell’ignoranza. Una volta affrancato, egli userà correttamente e spontaneamente (si veda più avanti il comportamento innato del “buon selvaggio”) la sua ragione per procedere alla costruzione di uno Stato in cui le leggi si basino sul rispetto dei diritti naturali. Il discorso iniziato da Galilei e Newton arriva dunque a compimento con l’illuminismo, che estende il metodo analitico dai fatti fisici a quelli sociali, etici e psichici, ovvero a tutta la realtà umana. L’illuminista si dichiara nemico del sistema, che vuole definire a priori la realtà partendo da principi fissi e determinati, com’era in Cartesio, e analizza i fatti per arrivare alla definizione di leggi generali.

IL “BUON SELVAGGIO” DI ROUSSEAU
Il mito del “buon selvaggio” fu basato sulla convinzione che l’uomo in origine fosse un animale buono e pacifico (o perlomeno “neutro”), solo successivamente reso malvagio dalla società e dal progresso. Nell’illuminismo fu soprattutto Rousseau, riprendendolo da correnti di pensiero risalenti già al Seicento, a propagandare la tesi del buon selvaggio, asserendo nel saggio del 1762 “Contratto sociale” che “l’uomo è nato libero e tuttavia ovunque è in catene”. Voltaire gli rispose polemicamente e ironicamente che “a leggere il vostro libro vien voglia di camminare a quattro zampe, ma avendone sfortunatamente persa l’abitudine da più di sessant’anni mi è impossibile riprenderla ora”. Ancora Rousseau: “Ogni cosa è buona mentre lascia le mani del Creatore delle cose; ogni cosa degenera nelle mani dell’uomo”. Il programma educativo di Jean-Jacques Rousseau vuole riportare l’uomo al suo iniziale stato di natura trasformando la sua spontanea bontà in una conquista consapevole e definitiva della sua razionalità.

UOMINI MINORENNI E MAGGIORENNI
Decisamente calzante per i nostri giorni è la teoria secondo la quale gran parte degli uomini, pur essendo stati creati liberi dalla Natura (naturaliter maiorennes, naturalmente maggiorenni) si accontentano di rimanere minorenni per tutta la vita. Questa condizione è dovuta o a pigrizia o a viltà, in ogni caso al non avere il coraggio di cercare la verità. Il risultato di questa non-scelta è la facilità per i più scaltri e per i detentori del potere di erigersi a loro guide: assolutamente calzante alla situazione italiana! Ancora Kant afferma: “Se io ho un libro che pensa per me, se ho un direttore spirituale che pensa per me… io non ho più bisogno di darmi pensiero di me”. Così, per esempio, il militare pretende che si eseguano gli ordini senza discutere, l’agente delle tasse che si paghi senza ragionare, il prete di credere senza porsi domande: quante limitazioni della libertà! Compito dell’illuminista è quindi quello di aiutare l’uomo a diventare maggiorenne usando la propria ragione per liberarsi dalle verità preconfezionate sia nel campo conoscitivo che in quello religioso. La ragione rifiuterà tutto quello che non deriva da essa, una ragione oltretutto conscia dei propri limiti e orgogliosa di essere tale poiché nell’ambito limitato dell’esperienza essa potrà conoscere la verità sino in fondo: quanto di meglio, aggiungo io, si possa chiedere!

I SALOTTI LETTERARI
Una particolare funzione sociale e politica venne svolta nel “Secolo dei lumi” dai salotti letterari: qui, attorno a un anfitrione, normalmente una donna nobile e colta (una su tutte: Madame Geoffrin), si riunivano esponenti di una certa cultura sicura di sé, disinibita e liberata, rappresentata da membri dell’alta borghesia o dell’aristocrazia riformista. Si trattava di incontri liberi, spontanei e informali, dove i partecipanti avevano una certa contiguità socio-culturale; le riunioni vertevano su argomenti filosofici e scientifici, si leggevano opere giudicate politicamente eretiche dall’assolutismo monarchico e il fine intellettuale prevaleva sugli altri. A tutti i partecipanti al dibattimento era riconosciuta pari capacità intellettuale, anche in presenza di una personalità preminente. Tra i protagonisti di questi incontri ricordiamo Moliere, Diderot, Voltaire e tutte le personalità di spicco della cultura, non solo francese.

L’ENCICLOPEDIA DI DIDEROT
Emblema dell’illuminismo francese, assieme al pensiero di Voltaire, sarà la grandiosa opera dell’Enciclopedia o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri che in 17 volumi, 11 tavole e 60.000 voci, pubblicati dal 1751 al 1772 da un consistente gruppo di intellettuali sotto la direzione di Diderot e D’Alembert, diffonderà i principi illuministi non solo in Francia ma, attraverso numerose traduzioni, in tutta Europa. D’Alembert fu costretto a ritirarsi dalla direzione dell’opera nel 1759 a causa al divieto di pubblicazione del Consiglio di Stato, mentre Diderot continuerà la preparazione clandestina di altri volumi. La pubblicazione dell’Encyclopédie incontrò infatti ostacoli e resistenze da parte dell’aristocrazia intellettuale di corte vicina all’università di Parigi, la Sorbona, e da parte della Chiesa cattolica: il governo francese ne bloccò per due volte la stampa e gli ultimi due volumi dovettero uscire clandestinamente. Ciononostante l’Enciclopedia fu interamente pubblicata negli anni fra il 1751 e il 1772 e ottenne un grande successo sia in Francia che nel resto d’Europa, dove il francese era ormai divenuto la lingua delle persone colte. L’Enciclopedia si propone di eliminare dal sapere sino allora acquisito ogni aspetto non provato sperimentalmente e quindi ordinare con un criterio alfabetico le nostre conoscenze. Emergono dall’opera anche le nuove concezioni dell’economia con la glorificazione della macchina, del nuovo sistema industriale e le nuove teorie fisiocratiche che fondano la ricchezza di una nazione sull’agricoltura, l’unica in grado di produrre beni, a differenza dell’industria che si limita a trasformarli e del commercio che li distribuisce.

L’OPERA DI VOLTAIRE
Voltaire (pseudonimo di Francois-Marie Arouet) si può considerare l’incarnazione del “Secolo dei lumi” e si affianca all’Enciclopedia come banditore del nuovo sapere. Egli inizia la sua carriera letteraria come drammaturgo, poeta e autore di pamphlets (opuscoli satirici e polemici), saggi e racconti brevi nei quali divulga la scienza e la filosofia della sua epoca. Il filosofo intrattiene inoltre una fitta corrispondenza con scrittori e sovrani europei. Voltaire riprende tutti i temi tipici dell’illuminismo difendendoli con uno spirito caustico che non risparmia filosofi, clero e sovrani ma che non gli impedisce di accettare l’incarico di consigliere di Federico II di Prussia. Egli crede nel progresso annunciato dall’illuminismo ma non è disposto a farne un dogma: “Un giorno tutto andrà meglio ecco la nostra speranza; ogni cosa va bene, ecco la nostra illusione”. La sua è una critica al pessimismo ma anche all’incondizionato ottimismo di Leibniz. Al fondo del pensiero di Voltaire vi è la concezione dell’uomo ormai padrone della natura e creatore di un mondo né esaltato né condannato: occorre “lasciare andare il mondo come va, perché, se tutto non è bene, tutto è passabile”.

LA CONCEZIONE DELLA STORIA
Attraverso l’esame critico della storia, l’illuminista può riconoscere la continuità dell’opera della ragione e denunciare gli errori e le contraffazioni con cui sono state riportate sino ad allora le vicende umane per mantenere gli uomini nella superstizione e nell’ignoranza. Pierre Bayle per primo si dedicherà nel suo Dizionario storico e critico (1697) alla compilazione di una “raccolta degli errori e delle falsità” da cui deve essere epurata la storia come fino ad allora è stata presentata. Egli è un minuzioso e preciso raccoglitore di fatti attestati da documenti e testimonianze così numerose che verrà considerato il primo vero studioso di storia. Il criterio principale della ricerca per lo storico neutrale, quindi, è quello di scoprire come vera storia quella che segna la vittoria della ragione sull’ignoranza; per questo il medioevo viene condannato come età di fanatismo e oscurantismo religioso.

LA POLITICA
Da questa visione della storia in cui prevale la ragione emergono i temi della tolleranza, uguaglianza e libertà intesi come valori politici naturali e universali. Ma l’uguaglianza per gli illuministi non significa sempre e comunque uguaglianza sociale o politica. L’essenziale è che il sovrano rispetti i diritti naturali; è trascurabile che egli sia un sovrano assoluto. È vero che ogni uomo per natura è uguale agli altri ma questo non comporta la parità tra i cittadini. Nell’Enciclopedia di Diderot si legge: “Poiché la natura è la stessa in tutti gli uomini, è chiaro che secondo il diritto naturale, ognuno deve stimare e trattare gli altri come esseri che gli sono naturalmente uguali, cioè che sono uomini esattamente come lui… Tuttavia non mi si faccia il torto di supporre che per spirito di fanatismo io approvi in uno stato la chimera dell’uguaglianza assoluta che potrebbe appena nascere in una repubblica ideale; conosco troppo la necessità delle differenze di condizioni, di gradi, di onori, di distinzioni, di prerogative, di subordinazioni che devono regnare in tutte le formazioni sociali, e aggiungo anzi che non esiste incompatibilità tra queste differenze e l’uguaglianza naturale o morale”. Le simpatie politiche degli illuministi sono rivolte alla monarchia costituzionale, che per il suo carattere moderato dà garanzia di ordine e di pace favorendo l’uguaglianza, ma sono disposti a concedere fiducia anche al dispotismo illuminato, purché guidato dalla ragione.

MONTESQUIEU E LA DIVISIONE DEI POTERI
Così scrive Montesquieu, noto filosofo illuminista, padre della teoria politica della separazione dei poteri: “La democrazia e l’aristocrazia non sono degli stati liberi per loro natura. La libertà politica si trova solo negli stati moderati, ma essa non esiste sempre negli stati moderati, essa c’è soltanto quando non si abusa del potere”. E perché nessuno scivoli nella tentazione di abusare del proprio potere, la divisione dei compiti nell’ambito della sovranità dello Stato (legislazione, amministrazione e giurisdizione) deve essere netta, in modo che ognuno possa esercitare un freno e un controllo sull’altro.

I LIMITI DEL PENSIERO ILLUMINISTA
L’illuminismo risentì indubbiamente delle particolari condizioni storiche della Francia del XVIII secolo. Lo sviluppo della borghesia durante il regno di Luigi XIV è assicurato dall’assolutismo monarchico ed è fondato sulla distinzione tra l’uomo privato e quello pubblico. Il suddito potrà fare i suoi affari ed esprimere una certa libertà di pensiero, ma questa non dovrà mai entrare in conflitto con l’autorità del sovrano. Per questo l’illuminista francese, il prototipo di questo movimento, non si porrà mai l’obbiettivo di sovvertire il potere costituito. Inoltre la libertà e l’uguaglianza sono riconosciute per gli illuministi solo a coloro che sanno “bene usare” della ragione e se “per natura” ne sono incapaci è giusto che nella vita civile essi siano sottoposti a chi sa ben governare: il popolo che ha dimostrato di fare cattivo uso della ragione non avendo successo nella vita va rispettato nella sua umanità ma va guidato dall’alto. Ancora Montesquieu: “Come il cielo è distante dalla terra, così l’autentico spirito di uguaglianza è lontano dallo spirito di uguaglianza spinto all’estremo… Allora il popolo vuol far tutto da solo… e se non ci sarà più rispetto per gli anziani, non ce ne sarà per i padri; i mariti non otterranno più deferenza e i padroni non otterranno più sottomissione… Le donne, i bambini, gli schiavi non saranno più sottoposti a nessuno”. Uguaglianza, quindi… ma fino a un certo punto!

L’IDEALE COSMOPOLITA
La Natura e la ragione, uguali per tutti, rendono gli uomini fratelli al di là di ogni differenza etnica o nazionale; questa fratellanza si traduce nell’ideale politico del cosmopolitismo. Curioso notare che quando la parola cosmopolite fu introdotta nel 1762 nel vocabolario dell’Accademia francese se ne dava una connotazione negativa: “Colui che non si riferisce ad una patria. Un cosmopolita non è un buon cittadino”. Il giudizio sul cosmopolitismo mutò radicalmente dopo gli avvenimenti della Rivoluzione francese e nell’edizione del vocabolario del 1798 appare scritto: “Cittadino del mondo. Il termine si riferisce a colui che non si riferisce a una patria. Un cosmopolita considera l’universo come la sua patria”. Al di là dei limiti storici, queste idee di libertà, uguaglianza e tolleranza divennero patrimonio comune della cultura francese; con la sfuriata napoleonica esse vennero esportate nel resto d’Europa e rimasero a covare sotto la cenere anche dopo la Restaurazione. La nostra cultura è figlia di quelle idee.

UN PROGRESSO INDEFINITO
Collegata alla visione illuministica della storia e alla fiducia nella ragione è l’idea fondamentale che il progresso dell’uomo sia indefinito e inarrestabile. Così il matematico e filosofo Marchese di Condorcet, presidente dell’Assemblea Nazionale della Francia durante la Rivoluzione: “Le nostre speranze sul futuro del genere umano possono venire riassunte in tre punti importanti: la distruzione delle diseguaglianze tra le nazioni, i progressi dell’uguaglianza all’interno di uno stesso popolo, ed infine il perfezionamento reale dell’uomo… Affrontando questi tre problemi troveremo – nell’esperienza passata e nell’osservazione dei progressi finora compiuti dalle scienze e dalla civiltà, nonché dall’analisi del cammino dello spirito umano e dello sviluppo delle sue facoltà – i motivi più forti per ritenere che la natura non ha posto alcun termine alle nostre speranze”.

L’INFLUENZA SUL MONDO DEL SETTECENTO
Gli illuministi criticarono pesantemente l’uso della tortura e della pena di morte portando a radicali riforme giudiziarie come quelle di Maria Teresa d’Austria e di Pietro Leopoldo di Toscana. La principale opera in questo senso è il libro “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria, molto ammirato da Voltaire e Diderot. Il successo delle nuove idee, sorretto dalla pubblicazione di riviste e libri e da nuovi esperimenti scientifici (come quelli di Franklin e Newton) inaugurò una moda diffusa persino tra i nobili e il clero. Alcuni sovrani europei adottarono le idee e il linguaggio dell’Illuminismo. Gli illuministi, attratti dal concetto di filosofo-re che illumina il popolo dall’alto, guardarono con favore alla politica dei cosiddetti despoti illuminati, come Federico II di Prussia, Caterina II di Russia e Maria Teresa d’Austria.

IL RAPPORTO CON LA RELIGIONE
L’atteggiamento dell’Illuminismo nei confronti della religione cristiana e dei suoi rapporti col potere civile non furono uguali dappertutto: se in Inghilterra i problemi legati alla lotta contro l’assolutismo monarchico si erano almeno in parte risolti con l’editto di tolleranza del 1689 che poneva fine ufficialmente alle persecuzioni religiose e relegava la fede all’ambito individuale, nell’Europa continentale l’illuminismo proseguì l’avversione per la Chiesa Cattolica. La condotta degli stati fu sempre meno dipendente dai condizionamenti religiosi e dalla politica del Papato; i governi rivendicarono infatti per i loro affari interni un’autonomia sempre maggiore, anche nelle questioni ecclesiastiche. Il rifiuto di ogni verità rivelata condusse alla scelta del deismo come religione naturale. A parte alcune posizioni materialistiche e atee, come quelle dell’ultima fase del pensiero di Diderot, il deismo si ritrova in molti pensatori illuministi i quali, attraverso argomentazioni scientifiche, cercano di dimostrare l’esistenza di un dio all’origine dell’universo. La leggi matematiche che regolano i fenomeni naturali fanno infatti pensare che debba esistere un demiurgo, come si deduce dalle parole di Voltaire: “Quando mi rendo conto dell’ordine, della prodigiosa abilità delle leggi meccaniche e geometriche che governano l’universo, dei mezzi e dei fini innumerevoli di tutte le cose, sono preso dall’ammirazione e dal rispetto… Io ammetto così quest’intelligenza suprema senza temere che mi si possa far cambiare opinione… Ma dov’è quest’eterno geometra? Esiste in qualche luogo oppure dovunque, senza occupare uno spazio? Non ne so nulla”. Si tratta quindi di un dio che lascia andare le cose come vanno, non interferisce nella storia umana e che alla fine non condannerà né premierà nessuno per le sue azioni. Da questo nuovo clima intellettuale e politico venne penalizzata soprattutto la Compagnia di Gesù, tradizionale assertrice dei diritti della Chiesa e del Pontificato. I gesuiti vennero espulsi da quasi tutti i paesi europei, tranne dalla Russia per volontà di Caterina la Grande. Il papa Clemente XIV nel 1773 con la lettera apostolica Dominus ac Redemptor soppresse la Compagnia di Gesù, che venne poi ristabilita con la Restaurazione. Gli illuministi, soprattutto Voltaire, furono inoltre ferocemente critici verso l’Inquisizione, ritenuta espressione della più autentica ortodossia cattolica. Da sottolineare comunque che, come specificato nel paragrafo successivo, gli illuministi rispettavano il credo individuale di ognuno; esso però non doveva interferire nella vita civile.

LA TOLLERANZA
Tra i doveri naturali va annoverato il concetto rivoluzionario di tolleranza, che viene spesso applicato alla vita economica. Lo scrittore francese Pierre Bayle, un precursore dell’illuminismo già citato per il Dizionario storico e critico, scrive: “Se ognuno avesse la tolleranza che qui sostengo, in uno stato diviso tra dieci fedi religiose vi sarebbe la stessa concordia che sussiste in una città nella quale varie categorie di artigiani si sopportano reciprocamente. Il risultato sarebbe quello di una onesta emulazione a chi meglio riesce a segnalarsi per pietà, per buoni costumi, per coscienza”. Lo stesso valore di tolleranza non esclude che si possa professare la fede in una religione rivelata: questo però sarà consentito solo nell’ambito della morale privata. Sempre Voltaire: “Reprimete con severità coloro che col pretesto della religione mirano a turbare la società, a fomentare sedizioni, a scuotere il giogo delle leggi; noi non siamo i loro apologeti; ma non confondete con questi colpevoli coloro che vi chiedono solo la libertà di pensare, di professare il credo che giudicano migliore e che, per il resto, vivono da fedeli cittadini dello stato… Noi predichiamo la tolleranza pratica non quella speculativa, e si comprende a sufficienza la differenza che esiste tra il tollerare una religione e l’approvarla”.

DIFFUSIONE DELL’ILLUMINISMO
L’Illuminismo fu anche un movimento profondamente cosmopolita: pensatori di nazionalità diverse si sentirono accomunati da una profonda unità d’intenti, mantenendo stretti contatti epistolari fra loro. Furono illuministi Pietro Verri (1728-1797), Cesare Beccaria (1738-1794) e Mario Pagano (1748-1799) in Italia, Wolff (1679-1754), Lessing (1729-1781), Kant (1724-1804) in Germania, Benjamin Franklin (1706-1790) e Thomas Jefferson (1743-1826) nelle colonie americane, Montesquieu (1689-1755) nei Paesi Bassi, Voltaire (1694-1778) e Rousseau (1712-1778) in Francia. Durante la prima metà del XVIII secolo molti tra i principali esponenti dell’Illuminismo furono perseguitati per i loro scritti o furono messi a tacere dalla censura governativa e dagli attacchi della Chiesa, ma negli ultimi decenni del secolo il movimento si affermò a tal punto da ispirare la rivoluzione americana (la famosa “Dichiarazione dei diritti” del 1776 affermava che “tutti gli uomini sono nati ugualmente liberi e indipendenti” e proclamava “la libertà civile, politica e di culto”) e successivamente la Rivoluzione francese. L’Italia, nonostante i già citati autori vi avessero portato una ventata di novità, visse questo periodo di luce riflessa in politica, in cultura e in economia; gran parte della popolazione rimase all’oscuro degli avvenimenti e mantenne quindi inevitabilmente un atteggiamento passivo e conformista.

Personalissima conclusione: in Italia, al giorno d’oggi, ci vorrebbe una ventata di illuminismo. Troppo ciarpame ideologico frena il progresso morale e civile, troppi sono i condizionamenti indotti dai centri di potere (laici ed ecclesiastici) e dai media ad essi collegati su una popolazione che talvolta subisce inerme, avendo disimparato a far ricorso alla propria ragione e trovandosi in condizione di “minorenne”.
Speriamo in bene… forse un po’ ingenuamente, come fecero gli illuministi!

2 Risposte

  1. Giovanni ha detto:

    Eccellente

  2. Genoveffa ha detto:

    Bel sito

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