Mostri autorigeneranti

A prima vista il titolo sembrerebbe poco adatto a un pezzo di meteorologia e si direbbe più consono a un certo giornalismo spazzatura alla ricerca del sensazionalismo a tutti i costi.
In questo caso, però, l’espressione non è usata a sproposito, perché i temporali autorigeneranti, che imperversano per ore e ore su una stessa area scaricando centinaia di millimetri di pioggia e causando danni e talvolta vittime, sono da considerarsi in tutto e per tutto dei mostri.
Non si sta parlando, sia chiaro, di normali temporali, magari anche intensi, che sfogano con grande coreografia la loro violenza esaurendo ben presto il “carburante”, ma di fenomeni estremi che molto raramente visitano l’area alpina e che sono comunque poco frequenti in generale. Una serie di enormi autorigeneranti si sono potuti osservare per esempio tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre 2009 tra Libia, Tunisia e l’Italia meridionale; uno di essi ha portato morte e distruzione in Sicilia.
Perché il temporale (possiamo anche parlare di cella temporalesca) autorigenerante si possa formare vi sono precisi requisiti da soddisfare, il più importante dei quali è la presenza di grandi masse d’acqua relativamente calde; per questo essi si potranno osservare quasi esclusivamente lungo le coste.
In effetti questi fenomeni hanno bisogno di enormi quantità di energia per mantenersi attivi, energia che si presenta in gran quantità solo sul mare, sotto forma di vapore e di calore. Si è anche osservato che la loro formazione è più frequente in corrispondenza delle secche, ovvero delle zone di mare basso e conseguentemente più caldo: ampie secche si trovano al largo della costa livornese, nel Canale d’Otranto e nello Stretto di Sicilia.
Ma esistono altre condizioni senza le quali l’autorigenerante non ha luogo: una di queste è l’instabilità dell’atmosfera, dovuta alla presenza di aria più fredda e secca sopra aria più calda e umida. Questa situazione è, appunto, instabile, in quanto l’aria calda è più leggera e tenderà a salire, a raffreddarsi e quindi a generare formazioni nuvolose. Dato che l’aria in quota oltre che fredda è anche molto secca, la condensazione (e dunque la liberazione di calore, che genera ulteriore spinta verso l’alto) verrà ancor più agevolata.
Altro fattore determinante è lo scontro al suolo di correnti di diversa natura, una umida meridionale e una più fredda settentrionale che convergono nel nocciolo del temporale.
A completare il mostro deve intervenire un terzo fattore, la presenza di un forte getto in quota. Alle latitudini intermedie e a un’altitudine di circa 12-15 km (a livello della tropopausa, il confine tra troposfera e stratosfera), infatti, soffia con una certa regolarità la corrente a getto, un flusso d’aria in perenne rotazione attorno alla Terra. Nel caso di autorigeneranti la corrente a getto opera una sorta di risucchio verso l’alto, agevolando la risalita delle masse d’aria calde e umide. Per questo dal satellite le celle temporalesche di questo tipo appaiono molto allungate, con l’estremità dell’incudine che si estende anche per centinaia di chilometri seguendo le correnti in quota.

L’autorigenerante del 16 settembre 2009 che ha imperversato su Trapani e dintorni.
Si noti la banda nuvolosa che dalla “testa” del temporale (in giallo) si allunga verso NE sotto la spinta della corrente a getto. Fonte: https://rapidfire.sci.gsfc.nasa.gov/

Ma perché il temporale che stiamo descrivendo merita l’appellativo di “autorigenerante”? Perché una volta formatosi il cumulonembo, esso continuerà a riformarsi e a scaricare pioggia fino a che i fattori sopra descritti lo permetteranno. A un osservatore il temporale apparirà fermo sul posto, e le quantità di precipitazioni misurate potranno essere di diverse decine, talvolta alcune centinaia di millimetri per metro quadrato, una buona parte della pioggia che cade annualmente su una città come Bolzano!
Perché l’autorigenerante si dissolva, come detto, dovranno venire a mancare uno o più fattori: l’attenuazione della corrente a getto, un cambio nel profilo termico e quindi nell’instabilità dell’atmosfera a causa dell’arrivo di correnti di diversa natura, del riscaldamento solare o del passaggio dal giorno alla notte.
Va precisato che, in questi fenomeni devastanti, il cambio climatico c’entra poco o nulla. I fenomeni in oggetto, così come intense nevicate, periodi di siccità ecc. si sono sempre verificati, perché il tempo atmosferico, quello che osserviamo giorno per giorno, ha da sempre caratteristiche di forte volubilità. Non è chiamando in causa l’effetto serra e il global warming a ogni piè sospinto che si spiegano (e si affrontano) questi fenomeni: bisogna piuttosto fare molto di più in termini di prevenzione.
Un ultimo appunto: in inverno, soprattutto lungo la costa tirrenica settentrionale, esiste la possibilità di temporali nevosi autorigeneranti. Il destino voglia che, almeno una volta nella vita, io possa assistere a una tale meraviglia.

Una classica situazione favorevole agli autorigeneranti. Dall’alto in basso, da sinistra a destra: correnti a circa 3000 metri, che spingono l’area delle precipitazioni verso NE, evitando che esse “soffochino” il temporale; correnti a 1500 metri, che evidenziano come esse vadano a interagire con l’orografia del luogo, determinando una situazione di stau; correnti al suolo, che mettono in risalto la convergenza di masse d’aria di origine diversa; infine l’accumulo totale di pioggia su Spezzino e alta Toscana, che delinea il “mostro”.

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