Pazienza, caro vecchio Latemar…

Non mi capita spesso di frequentare una stazione sciistica nel pieno della stagione invernale; normalmente cerco di tenermene accuratamente a distanza. Ma se un giorno tutti i tuoi amici decidono di andarci in massa non ci si può tirare indietro, e così eccomi in una delle più rinomate stazioni sciistiche dei dintorni di Bolzano in alta stagione (primi di gennaio o giù di lì).
Lassù, mi dico, si potrà perlomeno prendere qualche boccata di aria sana… macché! Una volta arrivati, il primo impegno è quello della caccia al parcheggio. Una interminabile teoria di automobili lasciate dovunque sia possibile non lascia il posto nemmeno per una bicicletta, altro che aria pura e vista sulle Dolomiti!
A bordo strada c’è un gran numero di poveretti, tutti appostati in attesa che qualcuno dia solo l’impressione di volersene andare, per piombare a contendersene il posto.
Ma dico io, che cosa ha questa gente in testa per affrontare nel week-end questa sofferenza, piombo e monossido di carbonio, forse??? Che senso ha ammassarsi in questo modo in una località che della montagna ormai ha solo il nome e che è, in tutto e per tutto, una sorta di disordinato parco cittadino?
Dopo patemi vari il parcheggio si trova, e così eccomi immerso in una folla colorata e vociante… colorata di tante tutine da sci griffate, buone solo a contenere pance e chiappe flosce, vociante perché già ben “rodata” di birra e grappini. Effettivamente la ricerca del parcheggio ha richiesto un certo impegno, è chiaro che dopo ci sia bisogno di reintegrare i liquidi perduti…
Ecco la pista! Io scendo con una misera slitta, ma tantissimi ovviamente affrontano la discesa con un bel paio di sci ai piedi.
Modestia a parte, di sport un po’ m’intendo. L’occhio clinico non mi manca. Non è difficile capire se una persona ha una certa preparazione fisica, è coordinato, ha riflessi e possiede equilibrio e sicurezza. Ebbene, due terzi delle persone che vedo passare danno l’impressione del classico sportivo della domenica. Per carità, le marche degli attrezzi sono quelle “giuste”, i colori coordinati, l’abbigliamento impeccabile, ma il comportamento è quello di chi non sa bene che cosa stia facendo: imprudente, scoordinato, irrispettoso degli altri. Cambi di direzione e frenate improvvise, dettati più che altro dalla scarsa condizione fisica, si susseguono senza soluzione di continuità. Non c’è momento in cui non si verifichi una situazione di rischio, anche perché la pista è molto affollata.
Uno dei miei amici viene coinvolto, suo malgrado, in un piccolo incidente. Una ragazza prende un paio di botte e la cosa finisce lì, ma il colpevole si dilegua, e probabilmente continuerà a godersi la giornata di sole come se niente fosse. Forse non si è nemmeno accorto di ciò che ha combinato, troppo intento nell’ostentare i suoi “virtuosismi”.
Cosa mi tocca vedere… ci sono anche delle pattuglie dei Carabinieri! Siamo oltre il tollerabile: invece di reprimere la criminalità, le forze dell’ordine devono controllare che questi pupazzi in braghe colorate tengano un comportamento nei limiti della decenza!
Fortuna che il pomeriggio volge al termine. Giusto il tempo per un bella merenda unta, alla quale scampo fortunosamente, poi tutti ai parcheggi.
E qui l’incubo tocca l’acme. La strada è completamente ostruita nei due sensi da una miriade di automobili. Chi manovra per uscire dal parcheggio, chi non riesce a passare per le innumerevoli strettoie, chi perde la pazienza e comincia a strombazzare nervosamente con il clacson.
Facce stressate, scontente, di chi ha tutta l’aria di aver bisogno di un’altra domenica per recuperare questa domenica. Si fa fatica a procedere anche a piedi, è proprio come essere in città nell’ora di punta: se chiudo gli occhi l’odore di smog ed i rumori sono esattamente quelli.
Il Latemar, dall’alto dei suoi 2800 metri, sembra guardarci con un misto di pena e disprezzo. Dopotutto un simile spettacolo non merita altro.
Quando, non importa se tra decenni, secoli o millenni, quei luoghi saranno finalmente liberati da sciatori e sciovie, la montagna potrà volgere nuovamente lo sguardo verso il basso, senza nostalgia, con uno spiacevolissimo ma tutto sommato già lontano ricordo.
Coraggio caro, vecchio Latemar! Che cosa sono pochi decenni, forse un secolo, di fronte alle decine di milioni di anni della tua vita?
Ti posso dire: “pazienza, presto passerà!”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *