Tutto in un viaggio
Con questo pezzo voglio descrivere il mio viaggio in bikepacking –qui l’attività Strava– compiuto l’8 settembre 2023 che mi ha portato ad Oderzo. In sostanza ho fatto una vacanza (che poi è proseguita nei giorni successivi, vedi qui, qui e qui) in treno+bici portando ovviamente con me, da buon minimalista, solo lo stretto indispensabile!
La prima tappa (la più lunga, 148 km) è quella che voglio raccontare, sia perché mi darà la possibilità di descrivere una buona parte della ciclabile della Valsugana, sia perché mi ha aperto un ventaglio di sensazioni ed emozioni che solo la bici può dare… dalla gioia alla paura, tutto in un giorno! Con una sorta di gravel dal manubrio dritto, una borsetta dietro la sella ed una al manubrio, ho imboccato alle 10 del mattino la ciclabile della Valsugana a San Cristoforo al Lago. Come sono arrivato fin lì? Con due treni! Da Bolzano a Trento con Trenitalia, poi con la linea di Trentino Trasporti fino a San Cristoforo per testare il servizio sulla Trento-Bassano; l’ho trovato più che buono, con l’area bici ben attrezzata, personale cortese ed un treno comodo e silenzioso.
A San Cristoforo il viaggio è iniziato costeggiando il lago di Caldonazzo su una ciclabile non sempre del tutto… ciclabile, visto che per alcuni brevi tratti si procede in promiscuità con il traffico veicolare. A Calceranica si è addirittura costretti ad uscire sulla Provinciale per qualche centinaio di metri. Una volta rientrato sulla ciclabile (che in questo tratto si svolge in parte su strade consorziali) ammetto di essere rimasto troppo concentrato sulla ruota di un “collega” in bici da corsa che, ho capito solo poi, stava andando da tutt’altra parte. Morale della favola: ad un certo punto mi sono trovato nel centro di Levico, dopo essermi sobbarcato un po’ di salita supplementare, e solo con un po’ difficoltà sono riuscito a recuperare la ciclabile (i ghirigori che ho involontariamente disegnato si notano bene zoomando sulla traccia Strava!). Ma nel momento di imboccare nuovamente la pista lungo il Brenta ecco il colpo di fortuna, di quelli che capitano solo una volta ogni tanto: un gruppo di ragazzini terribili (allievi, probabilmente) impegnati in un trenino che viaggiava proprio bene! Che roba, li ho agganciati quasi al volo, la prodezza mi è costata una “strappata” a 40/h ma poi ho potuto godermi una bella “tirata” di oltre 10 km fino alle porte di Borgo Valsugana. Quanti sorrisi: ad un certo punto i ragazzini terribili hanno notato che un intruso con gravel e borsette (orrore!) si era messo alla loro ruota e forse per questo hanno iniziato ad allungare a turno, buttando indietro ogni tanto l’occhio per capire se ero ancora lì :-D Sono stati momenti belli e divertenti, tanto che il tratto vallonato fino a Borgo è letteralmente volato, placando quelle mie velleità agonistiche che talvolta pregiudicano un po’ la tenuta sulle lunghe distanze.
A Borgo un altro bellissimo regalo: quando si viaggia in macchina questo paesino è solo uno dei tanti luoghi lambiti dalla superstrada, un nome, un riferimento per capire a che punto del (nevrotico) viaggio ci si trova. Ad attraversarlo a passo d’uomo, invece, questo centro abitato, membro del club “I borghi più belli d’Italia”, offre scorci notevoli, con eleganti opere architettoniche e un ponte veneziano sul Brenta che vale da solo il prezzo del biglietto! L’ho percorso a passo d’uomo, con il sorriso, guardandomi in giro e pensando a quanta bellezza ci si perda viaggiando rinchiusi in una scatoletta di latta a motore.
Per il resto della Valsugana, fino a Primolano, ho trovato una ciclabile molto bella, in gran parte fuori dal traffico, con uno spettacolare guado in località Grigno dove è stata ricavata un’area ricreativa degna di nota. Non ho purtroppo una foto perché in quel momento ero a ruota di un tizio in gravel che stava facendo un bel ritmo
Da Primolano si potrebbe proseguire lungo il fiume fino quasi a Bassano, ma il mio programma prevedeva di imboccare le famose “Scalette”, che sognavo di fare da tempo, una salita inizialmente impegnativa, ma poi decisamente più abbordabile. Qui nel 1950 Fausto Coppi, scendendo verso la Valsugana, cadde e rischiò di chiudere anticipatamente una luminosissima carriera. Un pensiero al Campionissimo c’è scappato, eccome, ma anche al mio caro papà che delle Scalette, quando si andava in vacanza a Chioggia, mi aveva accennato più volte.
Una volta scollinato ho proseguito per Arsiè, Fonzaso e Feltre, dove mi aspettava il temuto tratto lungo il Piave verso Fener, in leggera discesa su strada molto battuta anche da mezzi pesanti. Diciamo che sono sopravvissuto, ed è già tanto… incredibile come autisti che vantano riconoscimenti professionali mettano a rischio la vita propria e quella degli altri per un sorpasso alla cieca pur di guadagnare qualche secondo!
Subito dopo Fener un ponte con spettacolare vista sul greto del Piave mi ha introdotto nel paesaggio collinare del Prosecco di Valdobbiadene, tra vigne e scorci di rara bellezza. Ho trovato strade ampie ma traffico impazzito, sorpassi suicidi e velocità assurde. Mancano ancora tantissimi morti (evidentemente non bastano gli oltre 3000 l’anno) per capire che l’automobile è un mostro a cui vengono troppo spesso sacrificate la nostra vita e quella altrui. Non pensiamoci… ho cercato di godermi la Pedemontana che prosegue in direzione Treviso offrendo passaggi tra colline verdissime e qualche inaspettato saliscendi.
Come detto, la destinazione finale era Oderzo ed era quindi inevitabile che ad un certo punto davanti a me si aprisse la pianura; sopra di me, invece, batteva un sole piuttosto cattivello per essere settembre, tanto più che la borraccia era ormai vuota e la necessità di reintegrare i liquidi stava diventando impellente. Ho avuto la conferma che le fontane in pianura, soprattutto con i tempi (climatici) che corrono, sono merce rara; io sono abituato bene, perché nel cuore delle Alpi ogni paesino ha più punti dove far scorta d’acqua! Per fortuna nella mia mente è riemerso un adagio di un vecchio amico: dove c’è un cimitero c’è sempre acqua! Non me ne vogliano quindi i cittadini di Moriago della Battaglia (TV) se al cospetto delle tombe dei loro cari ho riempito la borraccia del prezioso elemento. Come si dice, ho dovuto far di necessità virtù!
Nonostante le indicazioni stradali che privilegiavano fin troppo Conegliano e Pieve di Soligo, e che più di una volta hanno rischiato di farmi sbagliare strada, il corso del Piave mi ha in qualche modo tenuto sulla retta via permettendomi di transitare in netto anticipo sulla tabella di marcia a San Polo di Piave, quasi al termine del viaggio, dove mi aspettava l’amico Francesco. Ecco, un’altra forte emozione, la visita ad un grande amico di mia mamma, un gesto simbolico al quale io davo grande valore. Mia madre Gianna avrebbe tanto voluto fare visita a Francesco ed al luogo in cui vive. L’idea c’era, ci stavamo lavorando e magari la cosa sarebbe andata in porto, ma una malattia ci ha preceduto… ho voluto io chiudere il cerchio, e ce l’ho fatta, in bici, nel mio stile! A casa di Francesco ho così potuto rinfrescarmi e riposare le gambe che, a dire la verità, non avevano nemmeno tutto questo bisogno di riposare
Raggiungere Oderzo è stata infine pura formalità: altri 8 km fino all’ingresso della cittadina e poi via libera al navigatore per non perdermi proprio negli ultimi metri :-P
In totale 148,5 chilometri, quasi 6 ore sui pedali, 553 metri di dislivello, ma soprattutto una marea di emozioni di ogni genere concentrate in una sola giornata! Questo è ciò che io chiamo VITA!