Un piccolo grande libro
Ognuno di noi ricorda con particolare affetto un libro che lo ha colpito più di altri e che ha ridestato interessi sopiti. A volte si tratta di romanzi ambientati in luoghi misteriosi, altre volte di saggi di autori famosi o di esperienze di vita illuminanti per chi ha scritto e per chi ha letto.
Nel mio caso, invece, il libro in questione ha come argomento la geologia, è stato stampato in formato economico, scritto da un personaggio noto solo agli addetti ai lavori e quasi impossibile da reperire! Strano, come “strani” sono comunque i miei interessi, che spaziano dalle supernove alle temperature medie della mia città, passando per le formazioni sedimentarie di siti quali il canyon del Bletterbach.
Il titolo dovrebbe contribuire a svelare l’arcano: “Le glaciazioni pleistoceniche nel Baldo, nei Lessini e nei rilievi circostanti”. Adoro i Monti Lessini per la loro posizione privilegiata, protesi da una parte verso le Piccole Dolomiti, dall’altra verso la vastità della Pianura Padana e dell’Adriatico: un vero e proprio punto di raccordo tra pianura e montagna!
In Lessinia sono presenti inoltre alcuni siti di rilevanza geologica e paleontologica mondiale: Bolca, con il suo giacimento dei favolosi pesci fossili risalenti a 50 milioni di anni fa, è una località nota anche a chi non è un esperto del settore.
La Lessinia è inoltre una terra che, nonostante la vicinanza con una grande città come Verona, è stata almeno in parte risparmiata dagli orrori del turismo di massa, di cui innumerevoli esempi abbiamo purtroppo nell’area alpina. Per questo spaziare con la fantasia su e giù per i suoi “vaj”, le profonde valli incise nel calcare da una miriade di torrenti che scendono dal gruppo del Carega, è un piacere di quelli che non si dimenticano.
Poi c’è il Monte Baldo: che dire di questo colossale balcone affacciato nientemeno che sul favoloso lago di Garda, la cui conformazione geologica e tettonica è quanto di più affascinante possa chiedere uno studioso del settore?
Oltre a considerare luoghi che amo particolarmente, il libro è stata una rivelazione perché impone una profonda riflessione sul modo tradizionale di considerare il pianeta Terra e la sua storia geologica. Le mie conoscenze, infatti, erano state fino ad allora legate alle nozioni acquisite a scuola e integrate con la lettura di testi nei quali la materia viene esposta con il classico metodo che tende a schematizzare e semplificare; la storia della Terra viene così trasformata in una serie di istantanee, temporalmente troppo distanti tra loro.
Questo approccio si rivela spesso inadatto per comprendere a dovere l’estrema complessità e l’enormità temporale di alcuni fenomeni naturali.
Per fare alcuni esempi, è difficile rendere l’idea di cosa furono effettivamente le glaciazioni: non un semplice avanzamento dei ghiacciai, un periodo di stazionarietà e una loro successiva ritirata, ma un insieme di eventi climatici, talora contrastanti, alcuni bruschi altri dilatati nel tempo, che ebbero una vastissima tipologia di conseguenze sull’ambiente delle Alpi meridionali. È difficile inoltre far passare il concetto della Terra come un pianeta “vivo”, che si muove, si deforma e cambia continuamente; la durata della nostra vita ci permette purtroppo di assistere a un solo fotogramma di questa lunghissima sequenza.
L’autore del libro in questione, il Prof. Giuseppe Corrà, riesce invece a esporre questi concetti con una semplicità e una chiarezza folgoranti, portando come esempi morfologie e strutture tettoniche (talora scoperte di persona) e accompagnando il lettore nell’incredibile arte di “leggere” il paesaggio.
Così, nel suo libro, da alcuni avvallamenti posti a breve distanza l’uno dall’altro si determina la precisa cronologia di una serie di tracimazioni di un ghiacciaio tra due valli adiacenti; ancora, una distesa di rocce variamente sagomate diventa lo stadio finale dell’erosione di un’antica formazione calcarea sottoposta al lento ma inesorabile lavoro del processo carsico. Oppure quella che all’apparenza sembra essere la semplice deviazione planimetrica della Valle dell’Adige si rivela come la conseguenza del progressivo spostamento di un’intera montagna indotto da movimenti tettonici di ampia portata.
A supporto del suo lavoro, di natura prettamente geologica, ecco lo studio dei pollini fossili (palinologia) e dei depositi organici rinvenuti in alcune cavità carsiche, che rafforzano le sue argomentazioni riguardo alle variazioni climatiche quaternarie e alle loro conseguenze sulla morfologia della zona presa in esame.
Mi piace inoltre il coraggio e la capacità di argomentazione del Prof. Corrà nell’esporre le sue tesi, il suo convinto supporto alle teorie ultraglacialiste che vedono nei ghiacciai una delle più potenti forze della Natura.
Eccolo dunque riconoscere anche sui Monti Berici, appendice meridionale delle Prealpi vicentine, quelle forme di erosione (le cosiddette “falesie”) che orlano molti rilievi interessati dai ghiacciai pleistocenici. Secondo Corrà, dunque, i ghiacci, almeno nelle prime due fasi fredde (denominate Biber e Donau, rispettivamente da 2,4 a 2 milioni di anni fa e da 1,6 a 1,4 milioni di anni fa) non solo riuscirono a coprire per intero tutta l’area alpina, ma furono in grado di riversarsi anche nella parte alta della Pianura Padana!
Letture di questo genere, oltre ad arricchire il bagaglio di conoscenze dell’appassionato, inducono a un approccio diverso nei confronti della Natura, rivelando un contesto in cui i fenomeni geologici, astronomici e climatici sono intimamente legati e lavorano senza soluzione di continuità. Si riuscirà a quel punto a considerare più obbiettivamente le variazioni, sia a livello locale che planetario, che da sempre si verificano e che tanto (e talora ingiustificatamente) spaventano l’opinione pubblica.
Il che, al giorno d’oggi, viene purtroppo considerato quasi un’eresia.
Il Prof. Giuseppe Corrà, nato nel 1928 e scomparso nel 2017, può vantare un curriculum di prestigio. Laureato in Scienze Naturali, ha maturato esperienze in varie discipline quali cartografia, geografia fisica e astronomica. È stato presidente della Commissione Speleologica della Federazione Italiana Escursionismo e componente scientifico del Comitato scientifico del Club Alpino Italiano. Promotore di diversi convegni internazionali sul carsismo, vincitore di diversi riconoscimenti per il suo impegno nella divulgazione scientifica, i suoi studi sono stati apprezzati in Italia, Francia, Germania, Belgio e Danimarca. Numerosissime sono le sue indagini negli ambienti carsici in Lessinia, sul Baldo e nel bacino dell’Adige. Il Prof. Giuseppe Corrà ha per primo riconosciuto in questi luoghi nuove morfologie glaciali e importanti deformazioni tettoniche. Famosi inoltre sono i suoi studi sui vari tipi di dolina e sull’ocra gialla di Verona. A lui il riconoscimento, infine, di aver portato importanti contributi a favore delle teorie ultraglacialiste.
Nel 2013 ho avuto l’onore di conoscere personalmente il professore nel luogo forse più adatto per un incontro del genere, la Valle delle Sfingi di Camposilvano, sui Monti Lessini.